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«Mi disse: "tutti sapranno il mio nome"»

Lo scrive la stampa tedesca, citando una ex di Lubitz. Inquirenti nella casa del copilota alla ricerca di elementi per comprendere le motivazioni del gesto scellerato

Emergono nuovi particolari della vita privata di Andreas Lubitz. «Un giorno farò qualcosa che cambierà completamente il sistema, e tutti conosceranno il mio nome e se lo ricorderanno». Queste le parole del copilota del volo Airbus della Germanwings, stando a quanto scrive la stampa tedesca, rivolte all’allora fidanzata, Maria W. una hostess di 26 anni.

Alla Bild la ragazza racconta quindi che Andreas si arrabbiava parlando di lavoro: «Troppo poco denaro, paura per il contratto, troppa pressione». Secondo l’ex fidanzata, quindi, se Lubitz ha causato una strage in cui sono morte 149 persone oltre a lui, l’ha fatto «perché aveva compreso che proprio per i suoi problemi di salute il suo sogno di diventare un comandante della Lufthansa non si sarebbe mai realizzato». In pratica, Lubitz temeva di restare per sempre un copilota della compagnia low cost di Lufthansa, la Germanwings, invece che approdare “alla casa madre”.

Intanto, dalle perquisizioni in corso da parte della polizia tedesca, alla ricerca di elementi che possano aiutare gli investigatori a comprendere le motivazioni alla base del gesto folle di Lubitz, emergono «indizi interessanti».

Il 28enne pilota, che aveva superato tutti i test psicologici e ottenuto anche le certificazioni di eccellenza, ha quindi inspiegabilmente causato deliberatamente una tragedia che ha poche precedenti, facendo precipitare l’Airbus A320 della Germanwings, a bordo del quale c’erano 144 passeggeri e 6 membri dell’equipaggio (lui compreso). Dall’abitazione dei genitori del ragazzo, dove Lubitz viveva abitualmente, stando a quanto riporta la stampa tedesca, sono stati portati via diversi oggetti, tra cui un computer.
Secondo quanto scrive Spiegel nella sua edizione online, gli inquirenti hanno trovato indizi della malattia psichica di Lubitz, che era stato sottoposto a cure specifiche nel 2009, per sei mesi, interrompendo gli addestramenti. Per la Frankfurter Allgemein Zeitung soffriva della sindrome da burnout, ossia di una depressione patologica dovuta allo stress.

Trapelano anche altri particolari agghiaccianti sulla schianto. Pare che nella registrazione della scatola nera, si sente il capitano di bordo, Patrick Sonderheimer, che chiedere l’accesso alla cabina», senza «nessuna risposta da parte del copilota». Invano il capitano, padre di due bambini, ha cercato di forzare la porta blindata, anche usando un’ascia che fa parte delle apparecchiature di sicurezza, per accedere alla cabina di pilotaggio: le regole per proteggere i piloti in volo infatti sono cambiate dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001. «Si sente un respiro umano all’interno della cabina fino all’impatto finale - conclude il procuratore -. Il copilota ha approfittato dell’assenza del comandante. Ma non sappiamo se a monte c’era la volontà di agire come ha agito, non ne sappiamo nulla».

28-03-2015

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