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Agire

«Restino segrete le telefonate di Napolitano»

A dirlo il ministro di Grazia e Giustizia Severino. Grasso: «I magistrati di Palermo hanno agito in buona fede ora la questione è in buone mani, deciderà la Consulta»

 Il Guardasigilli Severino lo dice chiaramente:
 «Qualsiasi sia la decisione della Corte costi-
 tuzionale sul conflitto di attribuzioni, l’impor-
 tante è mantenere la segretezza delle tele-
 fonate del Capo dello Stato». Il procuratore
 Grasso: «I magistrati di Palermo hanno agi-
 to in buona fede ora la questione è in buo-
 ne mani, la Consulta».

Incontrando la stampa durante la sua visita a Mosca, il ministro Severino ha ribadito quindi che la segretezza delle telefonate col Presidente va preservata: «L’aspetto più importante è mantenere la segretezza intorno al contenuto di telefonate che possano riguardare figure istituzionali protette per il loro ruolo istituzionale. Qualsiasi sia la soluzione interpretativa, l’adozione di regole di procedura penale o la legge sulle garanzie applicate al Capo dello Stato, si dovrà rispettare la sostanza della legge, che è quella di evitare che conversazioni del Capo dello Stato possano essere rese pubbliche». «Il problema - dice il ministro - non è affatto se il comportamento tenuto dalla procura di Palermo sia stato o meno corretto sotto il profilo della intercettabilità di una telefonata. Se si è trattato di una intercettazione casuale si poteva fare, ma il tema non è se si poteva o non si poteva intercettare, e questo è bene chiarirlo perché da questo equivoco ne possono nascere molti altri. Il problema è se debba avere prevalenza una certa interpretazione della legge costituzionale che riguarda le garanzie del presidente della Repubblica o se si debba applicare la normativa comune in materia di utilizzazione e utilizzabilità delle intercettazioni. Il tema è tutto qui, vedere se anche per le intercettazioni che casualmente e quindi lecitamente hanno riguardato il capo dello Stato si debba applicare la procedura prevista dal codice per tutte le intercettazioni o una normativa speciale».

Intanto all’indomani del polverone, interviene anche il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso e dice: «I magistrati di Palermo hanno agito in buona fede, secondo come ritenevano fosse giusto applicare la legge. Ora la questione è in buone mani, deciderà la Consulta. È una questione giuridica, il nostro ordinamento non prevede una norma specifica, bisogna aspettare il giudizio della Consulta. Il capo dello Stato non può essere intercettato, lo è stato in modo occasionale. È giusto che un giudice terzo, la Consulta, decida come bisogna comportarsi in questi casi». «Dal Quirinale - ha sottolineato Grasso - sono stato chiamato a dare contezza della mia funzione istituzionale di coordinamento, non ho subito alcuna pressione a proposito dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa e neanche i magistrati di Palermo hanno subito pressione, come dichiarato fin dall’inizio. Chi cerca la verità non la può cercare sotto pressione, ci vuole collaborazione da parte degli altri. Per una vicenda così datata servono dichiarazioni spontanee che devono venire fuori da parte di chi sa. Speriamo che si possa fare luce su un passato buio della storia d’Italia. La magistratura deve continuare su questa linea, le questioni giuridiche sono in buone mani».

17-07-2012

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