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PROVACI ANCORA, CHRIS!

Tra stelle, buchi neri e pericolosi déjà vu ecco tornare, stavolta in un’insolita veste fantascientifica, Christopher Nolan. Dal 6 novembre al cinema con “Interstellar”

 Il regista che più di tutti sin dal suo esor-
 dio ha tentato di confondere e stravolge-
 re ogni coordinata mentale di chi dall’al-
 
tra parte dello schermo osservava scru-
 poloso e attento le sue opere, cerca di in-
 dagare stavolta su un mistero che di più
 oscuri non ve n’è.
 Dopo aver infatti cercato di disorientare i ricordi sia del protagonista che dei suoi meravigliati e increduli spettatori con “Memento”, all’alba di un esordio da terzo millennio; dopo aver fuso la migliore delle illusioni con un’incredibile verità e spiazzato di nuovo tutti con il magico “The Prestige”; e tentato di trasportare anche la più scaltra delle menti all’interno della finzione per eccellenza chiamata “sogno”, in “Inception”, eccolo tornare, a distanza di soli quattro anni, con un’altra inaspettata trama indagatrice.
E se qualcuno già azzardava che avesse esagerato e smarrito la contorta via con il precedente tentativo - nonostante ciò candidato all’Oscar come Miglior film e Migliore sceneggiatura originale - stavolta se ne ha la certezza. Assoluta come quella verità che desidererebbe svelare, ma che ovviamente, seppur fondata su basi scientifiche, tale (ancora) non è.

Al centro del suo ultimo lungometraggio vi è giustappunto un enorme buco nero - o wormhole - al cui interno, dopo tanto peregrinare vi finisce come ovvio Cooper, l’eroe di turno. Che altri non poteva essere che il fresco di Premio Oscar Matthew McConaughey, la cui performance nello scorso “Dallas Buyers Club” parrebbe averlo condannato a dover/poter recitare la qualunque. Anche un astronauta ingegnere perduto nello spazio. Uno spazio che, come Clooney ci ha insegnato, non sempre restituisce ciò che inghiotte. Eccezion fatta per le incredibili epifanie, degne solo del nostro Nolan.

Un viaggio intergalattico sulle orme - ben lontane - del miglior Kubrick, la cui “Odissea” a confronto sembrerebbe una passeggiata sul Mare della Tranquillità. E dove a saltare all’occhio, più che le illuminanti e alquanto nebbiose verità, seppur basate su solide teorie - Nolan si è difatti affidato alla consulenza di Kip Thorne, fisico teorico e uno dei maggiori esperti al mondo di relatività, buchi neri, onde gravitazionali e tunnel spazio-temporali - sono le cedevoli somiglianze con altri recenti, e tristemente melensi, colleghi.
Se infatti lo scorso anno attorno al sistema cinematografico statunitense roteava “Gravity”, ottimo esercizio di stile in 3D, la cui unica pecca a detta di molti era nella incredibilmente scarna sceneggiatura…stupisce non poco ritrovare proprio qui scene già viste e vissute, sin troppo fresche e vivide nei ricordi per poter essere mentalmente bypassate.
E come non citare poi, nonostante le evidenti differenze stilistiche, anche il blockbuster “Armageddon”?  Dove non solo il ruolo di quell’eroe di cui nessuno sentiva peraltro la mancanza, solo ed unico essere al mondo capace di salvare l’intera umanità, è praticamente identico, ma la cui trama si guarda ancora una volta allo specchio e conscia della propria ripetitività che tanto piace ai registi americani, inizia e finisce con un mondo da salvare. Sia pur non grazie a bombe o esplosivi guerrafondai di sorta, ma con intricate spiegazioni, sconosciute anche al mittente più preparato.
Spettatore modello, a un’attenta visione, sembrerebbe difatti poter essere - per citarne un altro - solamente uno Sheldon-tipo. Proprio come il fastidioso e urticante, ma altresì geniale e saccente protagonista di “The Big Bang Theory”. Che guarda caso, come anche il buon Adam Kadmon noterebbe, di cognome fa proprio “Cooper”. “Solo un’altra coincidenza? Io non credo…”.

Noemi Euticchio
06-11-2014

Linear

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