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Agire

Sostituiamo il Cnel con l’Auditel

 Davvero, non è un titolo ad effetto. Sa-
 
rebbe da fare. Tutti su Change.org,
 avanti. Contemporaneamente iniziamo
 compulsivo crowdfunding per defene-
 strati consiglieri.

 In tempi di pentastellati anatemi e ren-
 ziane cesoiate, la sostituzione del vituperato (e quasi abolito) Consiglio Nazionale Economia e Lavoro con l’Auditel dovrebbe aver già scalato la hit dell’agenda politica governativa. Ma così non è. E allora proviamo a dargli una spintarella. Il pretesto? Cilla Black.

Lo scorso settembre, l’inglesissima ITV - per quei pazzi che non lo sapessero è la rete che ci regala Downton Abbey; e per quelli che non sapessero cos’è Downton Abbey lasciate nome e indirizzo che vi si viene a cercare casa per casa - ha trasmesso Cilla, biopic in tre puntate sull’ugola per nulla geghegè, all’anagrafe Priscilla Maria Veronica White (lo so: da White a Black, vabbè), che conobbe l’hype in quel po’ di spazio libero lasciato dai Beatles nella Liverpool di inizio anni Sessanta. Risultato: media di 6 milioni e rotti di sudditi di Sua Maestà davanti alla telly, con share allegramente sopra il 26%.

Un successo, insomma. Bene. E Cnel/Auditel che c’entrano? Zero, almeno fino a quando non ci si ricorda che anche noi abbiamo avuto un simile exploit canterino: Volare - La grande storia di Domenico Modugno, edicola votiva annunciata al mondo nella seconda puntata del Festival di Sanremo (era il febbraio 2013) - un’autoctona marchetta da slide 1 di masterclass sulla comunicazione - e poi passata su Rai Uno qualche giorno dopo. Pure qui, doppie cifre: media di 10 milioni e 700 mila telespettatori con share financo bulgaro (35,7%).

Proprio il raffronto tra Cilla e Volare - La grande storia di Domenico Modugno è quello che dovrebbe muovere la mozione di costituzionale rimpiazzo. Sì, perché la dice molto più lunga sul nostro Paese la spiata in filigrana di scrittura e dati d’ascolto delle due miniserie che non qualsiasi proposta consultiva avanzata da quei fortunelli che tutti i giorni, ancora per poco pare, badgiano a Villa Lubin.

Nel racconto del cantante di Polignano a Mare, pugliesamente stilato da Sandro Petraglia e Stefano Rulli, Domenico “Mimmo” Modugno, che ha il volto di Beppe Fiorello, parte dal paesello per approdare in una Cinecittà affetta da boom demografico autoriale, sovrappopolata com’era dai cavalieri che fecero l’impresa e che non saranno mai rimpiazzati: Zavattini, De Sica, Fellini, De Robertis, Blasetti e altri. Fame, notti a dormire sulla circolare, il Centro Sperimentale, gli amici Franco Migliacci e Riccardo Pazzaglia, le corna all’amata Franca Gandolfi, la magnanica apparizione di Nannarella, il trionfo nella Città dei Fiori.
Un macchiettistico razzo in ascensione, la cui mens rea si traduce nell’assunto - tutto italico - che, talento o no, la cialtronaggiane è un valore aggiunto e nella vita bisogna solo trovare la via per metterla a reddito.

In Cilla, interpretato da Sheridan Smith (due volte Laurence Olivier Award), la roscia ragazzotta sfugge al destino assegnatole da perfetta “caffè, thè... me girl” e sgomita tanto da convincere Brian Epstein, leggendario manager e papà Beatles, di meritarsi una carriera di ballads e primi posti in classifica, scippi perpetrati (a Shirley Bassey) e scippi subìti (da Cher). E aveva ragione lei.
Quindi un altro razzo? Senz’altro, ma nella sua scia lo sceneggiatore Jeff Pope (candidato all’Oscar con Steve Coogan per Philomena) non dimentica - questo sì valore aggiunto - di farci vedere la groupie (senza lancio di mutande) per quello che era: una stronza, giacché niente ci è risparmiato del suo tenere sottocoperta quel Bobby Willis che si fece perituro zerbino per lei, tanto che pur di non oscurarla arriva a dire no a un contratto solo suo con tricologico claim sul piatto - “Bobby Willis, il biondo di Bootle” - proposto da Epstein, in cambio di sposarla.

Si dirà: loro le sanno scrivere & dirigere queste cose, noi meno. (Loro sta per anglofoni, si capisce). Può essere. Tuttavia il punto non è la qualità del prodotto. Il punto è quel che di noi il successo o il flop del prodotto racconta. Ed è qui che si spalanca l’abisso: loro, impietosi nel guardarsi in casa, si sputano allo specchio e te lo sbandierano Urbi et Orbi; noi ci compiacciamo, ce la raccontiamo talmente tanto da farla diventare “vera” e quando non ne possiamo proprio fare a meno di ammettere qualcosa allora concediamo la pagliuzza e non la trave. E più piccola è la pagliuzza, più alto sarà lo share.
Ed eccola la petizione: da oggi risparmiamoci girotondi e lancasteriane scorrazzate al Circo Massimo e avanziamo proposte per il rilancio del fatidico Paese sulla base delle percentuali Auditel. Il senso del reale ci ringrazierà.

Ross Di Gioia
01-10-2014

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